“Media Digitali e Forme di Potere”, appunti (Andrea Miconi – Modena, 2017)

La prima volta che ho ascoltato la conferenza “Media digitali e forme di potere” del Prof. Andrea Miconi l’ho trovata subito interessante.

La conferenza parla di come il potere si genera ed strutturato nei media digitali. Riprendendola dopo qualche tempo, e trovandola ancora rilevante, ne approfitto per prendere degli appunti.

Il discorso di Miconi si articola in questi punti principali:

Fonte: Fondazione Collegio San Carlo, https://www.fondazionesancarlo.it/conferenza/media-digitali-forme-potere/

Premessa – Internet genera monopòli

[min. 00:30 – 5:15]

Internet è nato con la promessa democratizzare l’accesso alle informazioni e dare a tutti uguali possibilità per essere protagonisti in una rete globale ed egualitaria posta al di fuori dal controllo dei sistemi di potere (es. del potere politico degli Stati). Nel corso del suo sviluppo, Internet si è invece rivelato essere un sistema nel quale si affermano dei monopoli:

[…] negli anni novanta e nella prima metà del del decennio scorso, il clima che sostanzialmente c’era attorno allo sviluppo delle rete digitali era un clima letteralmente di utopia.

Finalmente i mezzi di accesso alla conoscenza e produzione di conoscenza saranno di tutti, salteremo dei livelli di mediazione e arriveremo ad un rapporto diretto anche con l’elaborazione di idee politiche, finalmente le persone avranno un territorio materiale per mettere in comune le proprie idee, finalmente arriviamo alla democratizzazione del potere.

Chiaramente non è andata così […]. Nel marketing digitale, ad esempio, sull’anno solare 2016, il 99% degli introiti pubblicitari – tutto quello che la pubblicità ha prodotto come incassi sul web – se lo sono diviso due soggetti, che sono, ovviamente, Google e Facebook.

Il massimo sforzo di decentralizzazione […], ha prodotto esattamente il contrario: il più grande monopolio nella storia della conoscenza umana.

Andrea Miconi

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Potere è la parola chiave per parlare di Web

[min. 5:16- 13:19]

La struttura di potere insita nel Web si è rivelata almeno in tre episodi:

  • La vicenda di Aaron Swartz, programmatore e attivista, che dopo aver pubblicato online 4,8 milioni di pubblicazioni scientifici scaricate illegalmente, atto compiuto nella convinzione che il sapere dovesse essere libero, è stato posto sotto processo e nell’attesa di una sentenza che avrebbe potuto condannarlo fino a 50 anni di carcere si è tolto la vita.
  • La storia di Edward Snowden, informatico e attivista che ha rivelato che le informazioni accumulate dalle piattaforme social venivano riversate direttamente nei database della National Security Agency (NSA)
  • Terzo episodio, le vicende di Beppe Grillo e del suo Blog.

Il Movimento Cinque Stelle ha preso le istanze di tutti i movimenti che usano il web […] l’idea è: democrazia diretta […].

Non so se avete mai visto il Blog di Beppe Grillo […]. Democrazia diretta e democrazia partecipativa significano uno schema che dovrebbe essere orizzontale. E questo, invece, decide tutto lui. Non sto giudicando se quello che dice sia giusto o sbagliato, queste sono valutazioni di tipo politico.

Il problema è che dentro una struttura di tipo orizzontale e partecipativo – sostenuto da una retorica enormemente partecipativa della rete e così via – ha preso corpo un processo che è esattamente l’opposto.

Un potere che, se io dovessi usare un termine, definirei “Carismatico” […]. Il potere carismatico è quello che non separi dalla persona, è il potere più arcaico […]. La forma più vecchia di potere dentro la piattaforma più nuova.

Andrea Miconi – [Nota: la conferenza si è svolta nel 2017, un anno prima della affermazione del Movimento Cinque Stelle alle Elezioni Politiche del 2018 come primo partito al 32% dei voti].

I primi due episodi mostrano come anche nel web entrino forme di potere tradizionale (quello del controllo o quello delle leggi). Il terzo episodio, ed è forse quello più rilevante per la discussione, mostra poi come il web sia in grado di far nascere dei leader carismatici, degli “influencer” che sono in grado di influenzare il comportamento di altre persone.

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Nel Web, il potere si crea attraverso la relazione

[min. 13:20 – 20:59]

Come teorizzato – e poi realizzato – da Paul Baran nel 1962, il modello di Internet è quello di una rete distribuita nata per essere più resistente rispetto ad tipico modello di rete centralizzata.

Paul Baran, 1962

Questo modello è stato elaborato durante la Guerra Fredda per sviluppare una rete di comunicazione che non fossero vulnerabile in quanto basata su un unico punto centrale (modello A, Centralized).

La chiave del problema a ragionare su potere e media digitali sta nel confronto fra il primo ed il terzo di questi diagrammi, perché il mondo è stato costruito tradizionalmente in base al primo diagramma e dove sta il potere in un modello centralizzato lo capiscono anche i bambini […].

Il problema è che c’è una grande trasformazione che riconfigura le infrastrutture portanti delle società industriali su il terzo schema, che è quello distribuito […].

La più grande domanda che abbiamo è: dove sta il potere nel modello C?

Andrea Miconi

Tipicamente, nel modello centralizzato A il potere rappresentato nel modello sulla “esclusione”, ossia sul fatto che esista un attore centrale che è l’unico con cui tutti entrano in relazione (es. televisione e giornali hanno una relazione univoca e centralizzata con i propri interlocutori). Il meccanismo di rete distribuita e decentralizzata, invece, è un meccanismo che si fonda anche sull’inclusione e su una relazione relazione fra gli attori.

Il sistema genera evidentemente delle forme di potere (vedi sopra la formazione dei monopòli), ma queste si formano e collocano in modo diverso rispetto ai modelli con i quali siamo abituati a relazionarci, finendo quindi per non essere subito evidente ed agire in modo differente.

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Anche dove il potere nasce da una relazione, persiste la presenza del potere forte di alcuni attori su altri

[21:00 – 25:33]

Per il primo modello, quello centralizzato, il paradigma di teoria critica di riferimento è quello di Theodor Adorno e della Scuola di Francoforte. Per il modello del potere distribuito, il paradigma teorico di riferimento utilizzato oggi è invece quello di Michel Foucault – che ha concettualizzato l’idea del potere come una relazione fra gli attori, come qualcosa che circola.

Secondo Miconi, il paradigma di Foucault però ha un limite: è sì vero che il potere è distribuito e nasce da una relazione, ma qual è il potere che ha una singola persona nel confronto di un monopolista (es. Facebook)?

Anche quando Foucault ragiona sull’idea di un potere che circola, che è diluito, che è fluido, che è liquido fa una filosofia meravigliosa, però il Foucault storico e archeologo quando fa i suoi grande excursus sui dispositivi di potere poi tira fuori la prigione, l’ospedale psichiatrico, che sono luoghi in cui la contrapposizione fra chi il ha ce l’ha potere e chi non ce l’ha è piuttosto evidente […].

Non trovo che la rete sia così foucaultiana: io vedo una contrapposizione molto forte ancora tra chi ha il potere e chi non ce l’ha […].

Andrea Miconi

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Il Web genera gerarchie ed alcuni soggetti acquisicono un potere immensamente più grande di altri

[25:34 – 29:29]

L’autore fondamentale sul tema del potere nella rete digitale è il catalano Manuel Castells che ha in un saggio del 2011 ha schematizzato le quattro forme principali del potere nel digitale.

Il potere è dato innanzitutto dal fatto di essere connessi alla rete, ed il solo fatto di esserlo conferisce più potere rispetto a chi non lo è. Altra forma di potere comprensibile è quello di chi possiede l’infrastruttura: chi controlla server e dorsali di rete ha più potere di chi invece è solo utilizzatore della rete.

Più intricate sono altre due forme di potere nella rete:

Che significa dire che: quando sto in rete sono soggetto ad un potere che è creato dalla rete stessa? Il potere dei protocolli tecnici, che è il potere della tecnica […]. Sapete come funziona l’algoritmo che ti organizza le conoscenze? […]. Questo è un potere elusivo, che non vedi, ma che non è tuo: è il potere che sta dentro i server […].

L’altra cosa è: com’è che nella rete un soggetto diventa infinitamente più potente di altri? Com’è che dentro la rete si creano gerarchie? […]. La definizione basica di potere è la capacità di qualcuno esercitare influenza su qualcun altro, che significa che non esiste relazione senza potere […]. Tutte le relazioni sono basate su uno squilibrio di potere: il problema è capire che cosa diventa il potere dentro un meccanismo di rete.

Andrea Miconi

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La legge di potenza è il principio fondamentale secondo cui il potere è strutturato nel Web

[29:30 – 35:40]

Albert-László Barabási (2001)

Questo sistema in cui ognuno parte sullo stesso piano è diventato il mercato con più monopòli nella storia: com’è potuto accadere?

Nel 2001, il fisico Albert-László Barabási, riprendendo l’analisi effettuata da ricercatori greci, ha effettuato un’analisi puramente quantitativa della distribuzione dei link sul web:

Ragionare su come si distribuiscono i link significa fare un passaggio importante. Il potere non si basa sull’esclusione […] il problema non è se ci sei, questo è ovvio: il problema sul web non è se ci sei, ma chi è ti trova.

Il problema è l’indicizzazione: quando hai troppe cose, la vita o la morte la fa l’indicizzazione. Il mistero dell’algoritmo di Google: perché metti quella cosa ed esce quell’ordine di risultati? E questo è potere.

Andrea Miconi

In rete, il potere è determinato dalla possibilità di essere trovati, e questa possibilità è determinata da un elemento tecnico – l’algoritmo. E gli algoritmi sono strutturati in modo specifico, cioè secondo una specifica legge statistica: la legge di potenza. E, se organizzati secondo la legge di potenza, ciò determina il fatto che strutturalmente la visibilità dei link sia distribuita in modo diseguale.

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Il potere dei nodi centrali è immensamente più grande rispetto a quello di tutti gli altri

[35:41 – 39:34]

L’applicazione della legge di potenza determina che lo squilibrio dei risultati sia strutturale: che cosa determina?

Innanzitutto, che nella rete alcuni nodi diventano centrali, i cosiddetti “Hub”: questi nodi sono il luogo che la maggior parte delle persone frequenta. E, data la legge di potenza, i nodi “hub” divengono estremamente più rilevanti rispetto a tutti gli altri nodi della rete, più rilevanti di diversi ordini di grandezza.

Questo stessa struttura studiata sulla distribuzione dei link persiste nei contesti che sono l’evoluzione web:

Oggi non contiamo più i link; oggi contiamo il numero di visualizzazioni su YouTube, il numero dei follower su Twitter, e queste cose si distribuiscono sempre secondo la legge di potenza: pochi prendono tanto a prescindere dalla ragione per cui vincono la partita.

Andrea Miconi

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Per essere presenti nel Web è necessario partecipare al suo meccanismo di potere

[39:35 – 41:09]

I nodi diventano “hub” perché esiste un algoritmo strutturato secondo la legge di potenza, il quale però risponde ad azioni intraprese delle persone:

C’è una dialettica molto seria e molto complicata da capire: gli altri perché lo fanno? Perché io divento follower di chi ha milioni di follower e sostanzialmente gli sto facendo un favore?

[…] Nessuno ti costringe a farlo. Perché lo fai? Perché lo fanno gli altri? Perché speri in un riflesso?

Andrea Miconi

Si crea così una dialettica: o decidi di essere “alienarti”, cioè stare fuori da questo meccanismo, oppure provi a farne parte nel solo modo possibile, ossia facendoti sfruttare con la partecipazione alle logiche di questo meccanismo, ad esempio mettendo “like”, cercando “like”, partecipando quindi a questo meccanismo.

Questo il dramma di questo meccanismo di potere, questa è la potenza di questa macchina di cattura. Se non sto su Facebook sono solo; per stare su Facebook devo cedere la mia vita – che diventano dati personali, che diventa materiale per sfruttamento economico.

Andrea Miconi

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Le persone sono sul Web perché qui si gioca una partita per l’accumulazione di capitale sociale e reputazionale

[41:10 – 44:57]

Riprendendo Foucault il dispositivo di potere del “parlare di sé”, il potere non di chi parla, ma di chi sta in silenzio: chi parla (gli utenti) sono in realtà quelli con meno potere rispetto al nodo “hub” che ascolta. Questo è il meccanismo dell’interrogatorio, del confessionale, e ciò che accade anche sulle piattaforme online (es. Facebook, Instagram, LinkedIn, TikTok, ecc..)

Perché però partecipare a questo meccanismo? Perché in questo contesto è in gioco una partita per la accumulazione di capitale:

Capitale sociale e capitale simbolico: contatti e reputazione. Che significa l’esser vivo, non essere alienato dal mondo intorno […]

Pierre Bourdier, un grande sociologo francese, dice: il capitale non sono mica solo i soldi […] La società è fatta da domini che sono tra loro diversi. Nel campo della socialità si combatte con la stessa ferocia [con cui si combatte per il denaro] per accumulare contatti: capitale sociale, perché poi le persone ti sono utili […], capitale simbolico, capitale culturale […]. La partita che le persone giocano è quella lì.

Andrea Miconi

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Il Web presenta meccanismi per trasformare il capitale sociale e reputazionale in capitale economico, ma solo pochi possono riuscirci

[44:58 – 49:14]

Bourdier prosegue il ragionamento indicando come all’interno di ogni ambito è in corso una lotta per la accumulazione, e che ciò che mette in modo il mondo sociale è la lotta per trasformare una forma di capitale in un’altra. Ad esempio, questo accade quando si trasformano contatti e relazioni in attività economiche.

L’attività sul web non è astratta rispetto alla vita, ma è una attività che le persone svolgono e che rappresenta un capitale e rappresenta un valore:

Secondo me, tutta questa risorsa di vita – link, mi piace, follower, amici – tutta quell’energia vitale delle persone che finisce là dentro […] è una cosa che si chiama valore. Valore dal punto di vista di Marx […].

Nel terzo capitolo del primo libro de “Il Capitale”, il Denaro e la Circolazione della Merce, secondo me Marx dice una cosa che qua ci sta tanto: che il valore non c’entra con il fatto che tu vendi il prodotto e ci guadagni.

Il valore si estrae prima. Che cos’è il valore? Il tempo. È il tempo socialmente necessario per produrre una cosa.

Andrea Miconi

Per essere presenti sul Web, le persone impiegano il loro tempo – per produrre contenuti, per vedere i contenuti di altri, per mettere “like” – e questo tempo è il valore che si accumula sulle piattaforme.

Il Web riesce a catturare le persone – la loro attività ed il valore che generano – perché dà tutti la possibilità di farne parte (basse barriere d’ingresso), ma dato il meccanismo per la legge di potenza in base a cui è strutturato, solo riusciranno a trasformare il capitale accumulato in capitale economico.

Non so qualcuno di voi carica video su YouTube […]. Qui, l’ “Accordo Partner” è il momento in cui si passa da una logica di accumulazione all’altra […]. Se si arriva intorno alle 10.000 visualizzazioni, ti danno qualcosa […]. Il problema è per tutti quelli che non ci arrivano, tutta quell’energia lì dove va a finire […].

C’è una ricerca: “Will my video get 1 million views?”. Su diecimila, sostanzialmente, sopra le 10.000 visualizzazioni ce ne arrivano 25. Cioè lo 0,3% dei contenuti messi su YouTube è un lavoro in cambio del quale ti viene dato qualcosa […].

Con una complicazione grossa: che non te l’ha chiesto nessuno.

Andrea Miconi

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Conclusioni – Data la sua organizzazione, nel Web la stragrande maggioranza delle persone genera valore e ricchezza che viene trasferita a chi detiene il potere

[49:15 – 52:12]

Questo meccanismo di potere, disposto secondo una rete, ma organizzato da algoritmi strutturati secondo la legge di potenza e creato da alcuni specifici soggetti, crea un rapporto di potere dal quale è comunque complesso sfuggire:

Siamo tutti vittime di un meccanismo che è quello che prima ho definito una dialettica fra isolamento e sfruttamento: se ci vuoi stare, le regole sono queste […]. La partita per accumulare reputazione e capitale sociale è una partita vitale […].

Secondo me c’è una cosa nuova come dispositivo profondo di potere. Per la prima volta, forse azzardo, c’è qualcuno che stabilisce il tasso di conversione fra forme di capitale. Qualcuno che stabilisce quanti contatti, quanta reputazione valgono quanti soldi.

Andrea Miconi

Il sistema di potere del Web non è sociale, ma le soglie secondo cui avvengono le conversioni è determinato dai parametri impostati dagli “hub”, dai nodi centrali, che decidono arbitrariamente come stabilirle.

E, dato che i risultati organizzati secondo la legge di potenza, la conversione di forme di capitale avviene solo per un numero ridottissimo di soggetti – e quindi l’accumulazione di capitale economico -, mentre la stragrande maggioranza avrà creato del valore che sarà trasferito ai soggetti con maggior potere.

Io credo che sia un po’ questa la questione fondamentale. A me sembra che ci sia una forma di potere basata nel fatto che ci siano dei soggetti, delle agenzie, che hanno stabilito il tasso di cambio tra un capitale e l’altro. Cioè, quanto vale la tua vita: quanto valgono i tuoi amici, quanto vale il tuo successo e quanto vale la tua partecipazione

Con il problema che, ovviamente, portandolo a questi livelli e secondo questa legge di distribuzione, significa che il 99,99% delle persone genera ricchezza che viene distribuita ad altri.

E questo, secondo me, è un meccanismo di potere piuttosto forte.

Andrea Miconi

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